Un professionista che progetta un impianto elettrico sa, o meglio dovrebbe sapere, che non c’è nessun obbligo normativo, almeno di qualche caso particolare che approfondiremo nelle righe successive di questo articolo, che impone l’uso dell’interruttore differenziale. L’art. 412.5 della norma CEI 64-8 riconosce l’interruttore differenziale, con corrente differenziale nominale d’intervento non superiore a 30 mA, come protezione addizionale contro i contatti diretti in caso di insuccesso delle altre misure di protezione o di incuria da parte degli utilizzatori. Analogamente l’uso dell’interruttore differenziale aumenta la protezione contro i contatti indiretti.
In questo articolo vedremo quando e perché utilizzare un interruttore differenziale.
Si consiglia la lettura dell’articolo EFFETTI FISIOPATOLOGICI DELLA CORRENTE ELETTRICA SUL CORPO UMANO e l’articolo SOFTWARE TECNICI.
CONTATTI DIRETTI E INDIRETTI
I contatti di persone con parti di un impianto o di apparecchiature elettriche in tensione sono distinti in due tipi: contatti diretti e contatti indiretti. Si parla di contatto diretto quando si viene a contatto con parti dell’impianto normalmente in tensione divenuti causalmente accessibili. Dall’altro canto si definisce contatto indiretto il contatto di una persona con parti di impianti o di una apparecchiatura ordinariamente non in tensione che in seguito ad un guasto di isolamento diviene accessibile.
Le misure di protezione contro i contatti diretti si possono riassumere come segue:
- isolamento delle parti attive;
- protezione con involucri e barriere;
- protezione addizionale mediante interruttori differenziali.
I metodi di protezione contro i contatti indiretti sono classificati come segue:
- protezione mediante interruzione automatica dell’alimentazione;
- protezione senza interruzione automatica del circuito (doppio isolamento, separazione elettrica, locali isolati, locali equipotenziali);
- alimentazione a bassissima tensione.
La norma CEI 64-8 prescrive l’interruzione automatica dell’alimentazione ai fini della protezione contro i contatti indiretti. Il dispositivo di protezione deve interrompere automaticamente l’alimentazione in modo che, in caso di guasto, tra una parte attiva ed una massa o un conduttore di protezione, non possa persistere una tensione di contatto presunta superiore alla tensione di contatto limite convenzionale di 50 V in c.a. (25 V in ambienti speciali) per una durata sufficiente a causare un rischio di effetti fisiologici dannosi in una persona in contatto con parti simultaneamente accessibili. Questa misura di protezione richiede il coordinamento tra la modalità di collegamento a terra del sistema e le caratteristiche dei conduttori di protezione e dei dispositivi di protezione.
I dispositivi adatti alla disconnessione automatica dell’alimentazione capaci di rilevare le correnti di guasto a terra sono:
- interruttori automatici con sganciatore magnetotermico;
- interruttori automatici con sganciatore elettronico a microprocessore;
- interruttori automatici con sganciatore elettronico a microprocessore con protezione contro guasto a terra integrata (funzione G);
- interruttori automatici magnetotermici o elettronici con sganciatore differenziale integrato;
- interruttori differenziali puri;
- relè differenziali.
Di seguito si riporta una descrizione dell’interruttore automatico con sganciatore magnetotermico, mentre si rimanda al paragrafo successivo per il funzionamento dell’interruttore differenziale. Le protezioni assicurate dagli interruttori automatici con sganciatore magnetotermico sono:
- protezione contro i sovraccarichi;
- protezione contro i cortocircuiti;
- protezione contro i contatti indiretti.
La protezione contro i sovraccarichi è attuata tramite lo sganciatore termico con una curva di intervento a tempo dipendente ossia con intervento tanto più rapido quanto più grande è la corrente di sovraccarico, mentre contro i cortocircuiti è attuata tramite lo sganciatore magnetico con una curva di intervento a tempo indipendente ossia con tempo di intervento indipendente dalla corrente di cortocircuito. La protezione contro i contatti indiretti può essere attuata sia tramite lo sganciatore termico sia tramite lo sganciatore magnetico in quanto la corrente di guasto a terra interessa almeno una fase; se tale corrente è sufficientemente elevata può provocare lo sgancio dell’interruttore. Si riporta di seguito una curva di intervento tipica di un interruttore magnetotermico.

Come si vedrà in seguito, occorre coordinare il dispositivo di protezione con il sistema di distribuzione e il modo di collegamento delle masse a terra in modo da intervenire in tempi tali da limitare la durata di permanenza delle tensioni di contatto pericolose presenti nelle masse in seguito al guasto.
CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI ELETTRICI
Sugli impianti utilizzatori a bassa tensione la protezione dalle tensioni di contatto viene ottenuta coordinando le caratteristiche dell’impianto di terra con quelle di intervento delle protezioni che interrompono automaticamente l’alimentazione in caso di guasto. Quanto segue riguarda sia gli impianti industriali sia gli impianti degli edifici per uso residenziale e terziario.
Un sistema elettrico in bassa tensione viene classificato in funzione dello stato del neutro. La designazione delle diverse condizioni di funzionamento viene effettuata mediante una sigla letterale secondo lo schema seguente:
PRIMA LETTERA – indica la configurazione del sistema di alimentazione verso terra:
- T: collegamento diretto a terra di un punto;
- I: isolamento da terra o mediante impedenza.
SECONDA LETTERA – indica la configurazione delle masse rispetto terra:
- T: collegamento diretto a terra delle masse mediante il conduttore di protezione;
- N: collegamento delle masse al punto del sistema di alimentazione connesso a terra.
Nel campo della distribuzione elettrica abbiamo le seguenti configurazioni:

- il sistema TT è tipico per gli impianti industriali e civili ai quali l’energia elettrica viene fornita direttamente in bassa tensione;

- il sistema TN è invece generalmente utilizzato per gli impianti industriali con propria cabina di trasformazione MT/BT e con fornitura dell’energia in media tensione;

- il sistema IT è infine usato su alcuni impianti che richiedono elevata continuità di esercizio (applicazione molto meno frequente delle precedenti).

La norma CEI 64-8 stabilisce le tensioni di contatto tollerate dal corpo umano e prescrivono anche il tempo massimo entro il quale l’intervento delle protezioni deve eliminare il guasto a terra.
ANALISI DEI GUASTI A TERRA NEI VARI SISTEMI ELETTRICI
SISTEMA TT
Nello schema seguente è schematizzato il guasto a terra in un sistema TT.

La corrente di guasto a terra, Ig, in un sistema TT è limitata dalle resistenze di terra della cabina dell’Ente Distributore, RT1, e dalla resistenza di terra dell’utente, RT2:
Per fare in modo che le masse non assumano per un tempo indefinito una tensione superiore a 50 V per ambienti ordinari e 25 V per ambienti speciali (cantieri e locali adibiti ad uso medico) la resistenza dell’impianto di terra dell’utente deve soddisfare la seguente condizione:
Dove con I è indicato la corrente di intervento in non più di 5 s del dispositivo di protezione.
In pratica ipotizzando che all’ingresso di ogni unità abitativa è installato un interruttore magnetotermico per la protezione dai sovraccarichi e dai cortocircuiti si dovrebbe realizzare un impianto di terra dell’utente, RT2, (la resistenza dell’impianto di terra della cabina dell’Ente Distributore RT1 è fissata e pertanto immodificabile) in modo tale da dar luogo a una corrente di guasto sufficientemente elevata per provocare l’intervento del dispositivo di protezione in un tempo che elimini rapidamente, entro i 5 s, la situazione di pericolo. Dall’analisi di un interruttore magnetotermico risulta che la corrente di intervento è compreso tra 3 e 7 volte la corrente nominale dell’interruttore stesso, In. Supponiamo di considerare un interruttore magnetotermico con In pari a 16 A e considerando che la corrente di intervento sia pari a 3In otteniamo:
Valore di resistenza di terra difficilmente realizzabile nella pratica quotidiana.
Contrariamente utilizzando un interruttore magnetotermico differenziale ad alta sensibilità, Idn = 30 mA, e riformulando i calcoli della resistenza di terra otteniamo:
Quindi affinché la tensione di contatto resti nei limiti stabiliti dalla norma bisogna realizzare un impianto di terra dell’utente con resistenza di terra con valore non superiore a 1667 Ω valore facilmente ottenibile nelle comuni installazioni.
In definitiva è possibile affermare che in un sistema TT la protezione dalle tensioni di contatto è assicurata solo con l’utilizzo dell’interruttore differenziale.
SISTEMA TN
Nello schema seguente è schematizzato il guasto a terra in un sistema TN.

La corrente di guasto a terra in un sistema TN non si disperde nel terreno, caso del sistema TT, ma si richiude al centro stella del trasformatore MT/bt attraverso il conduttore di protezione PE. Pertanto in un sistema TN un guasto franco a terra è paragonabile ad un cortocircuito monofase a terra e quindi per la protezione dai contatti indiretti è possibile utilizzare interruttori automatici e fusibili. In entrambi i casi l’interruzione dell’alimentazione deve avvenire in un tempo sufficientemente breve.
In definitiva affinché si possono realizzare le condizioni di protezione imposte dalla norma CEI 64-8 deve risultare verificata la seguente condizione:
dove:
Zs = impedenza dell’anello di guasto che comprende la sorgente, il conduttore attivo fio al punto di guasto con impedenza Zf e il conduttore di protezione tra il punto di guasto e la sorgente con impedenza Zp, espressa in ohm;
Ia = corrente che provoca l’interruzione automatica del dispositivo di protezione espresso in ampere.
Il tempo di interruzione varia in funzione della tipologia dei circuiti. Per i circuiti di distribuzione (circuiti che alimentano i quadri di distribuzione o fanno da dorsali a più circuiti terminai) si ammette un tempo di interruzione ≤ 5 s. Altresì per i circuiti terminali che alimentano direttamente o tramite presa a spina apparecchi trasportabili, mobili o portatili i tempi di interruzione stabiliti dalla norma CEI 64-8 sono definiti in funzione della tensione nominale di fase U0.
Dall’analisi della precedente condizione è evidente che in corrispondenza di ogni massa in un sistema TN l’impedenza Zs a fondo linea di ogni circuito, sia essa calcolata in fase di progetto o verificata in fase di collaudo, deve assumere un valore tale che la corrente di guasto a terra generata assuma un valore che determini l’intervento del dispositivo di protezione in un tempo minore a quello suindicato in base al tipo di circuito.
Nei sistemi TN l’utilizzo degli interruttori differenziali non sono indispensabili per la protezione delle persone dai contatti indiretti. Infatti alcuni progettisti impiegano sistematicamente gli interruttori differenziali nei sistemi TN in quanto, a dir loro, conseguono, in teoria, una maggiore sicurezza. Contrariamente nella pratica ottengono l’effetto contrario in quanto dopo i primi interventi intempestivi dell’interruttore differenziale gli stessi vengono shuntati (vengono bloccati in posizione di chiuso con il nastro isolante) con il risultato di non garantire l’interruzione automatica dell’alimentazione, così come previsto dalla norma CEI 64-8, in quanto non è stato a priori calcolato l’impedenza dell’anello di guasto a fondo linea affinché fosse soddisfatta la condizione:
Nei sistemi TN gli interruttori differenziali vanno impiegati solo in casi particolari come ad esempio in circuiti di piccola sezione e molto lunghi in cui non sia possibile soddisfare la condizione precedente.
SISTEMA IT
Nello schema seguente è schematizzato il guasto a terra in un sistema IT.

Un guasto a terra di una fase determina una corrente Id che si richiude sulle altre due fasi tramite le resistenze di isolamento e le loro capacità verso terra. La massa assume la tensione REId. La corrente Id aumenta con l’estensione del sistema elettrico, ma è comunque dell’ordine degli ampere.
Per realizzare le condizioni di protezione imposte dalle Norme deve essere:
dove
RT = resistenza del dispersore al quale sono collegate le masse;
Id = corrente di guasto nel caso di primo guasto a terra.
Un primo guasto a terra determina la circolazione di una piccola corrente capacitiva che soddisfa la relazione precedente facendo assumere alle masse una tensione al massimo di 50 V che, per la Norma CEI 64-8, può permanere per un tempo indefinito. Pertanto il sistema IT viene adottato quando per motivi di continuità del servizio si vuole evitare l’apertura del circuito al primo guasto a terra. Il sistema elettrico di una sala operatoria è un esempio tipico di un sistema di tipo IT (in questo caso viene definito IT-M, cioè un sistema IT medicale). Se si stabilisce un secondo guasto a terra la situazione corrisponde ad un cortocircuito bifase a terra alimentato dalla tensione concatenata e la corrente di cortocircuito viene interrotta dai dispositivi di protezione contro le sovracorrenti. Pertanto in un sistema IT gli interruttori differenziali non sono necessari infatti possono compromettere con scatti intempestivi quella stessa continuità di esercizio che ha indotto a scegliere il sistema IT. La norma impone un dispositivo di controllo dell’isolamento per interrompere tempestivamente e in un tempo ragionevolmente breve il primo guasto a terra.
FUNZIONAMENTO DELL’INTERRUTTORE DIFFERENZIALE
L’interruttore differenziale è un dispositivo formato da un apparecchio di manovra e da uno sganciatore differenziale di protezione in grado di aprire un circuito quando si manifesta una differenza tra le correnti nei conduttori superiore a un determinato limite in seguito a un guasto a terra.

In condizioni nomali le correnti che circolano nelle bobine T sono percorse in senso opposto da correnti uguali e la loro azione magnetizzante sul nucleo toroidale è nulla. Quando si manifesta una corrente di guasto a terra IF le due correnti diventano diverse tra loro e nasce una f.m.m. (forza magnetomotrice) differenziale che magnetizza il nucleo creando un flusso magnetico variabile sinusoidalmente che crea una tensione indotta nella bobina differenziale. All’aumentare della differenza tra le correnti aumenta anche tale tensione per cui superato un determinato valore limite l’organo di comando determina l’apertura dell’interruttore.
TIPI DI INTERRUTTORI DIFFERENZIALI
Nel caso in cui la corrente verso terra non è sinusoidale ma unidirezionale il funzionamento dell’interruttore differenziale è alterato e pertanto potrebbe non intervenire. In relazione alla forma d’onda che un interruttore differenziale può rilevare si possono individuare le seguenti tipologie di interruttori differenziali:
- tipo AC: solo per corrente alternata;
- tipo A: per corrente alternata e/o pulsante con componenti continue;
- tipo B: per corrente alternata e/o pulsante con componenti continue e corrente di guasto continue;
- tipo F: per correnti di dispersione a frequenza variabile non rilevabili dai tipo AC e A.